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Dal salmone alla Silicon Valley passando per il petrolio: il trionfo del modello economico di uno dei paesi più ricchi del mondo

La Norvegia è il sesto Paese più ricco al mondo in termini di PIL pro capite. Una nazione che in soli 100 anni è riuscita a trasformare la propria economia, passando dalla dipendenza dall’attività ittica tipica della zona alla presenza nei consigli di amministrazione delle grandi aziende della Silicon Valley. Un modello economico che ha sostituito il salmone e il legno per diventare uno dei maggiori investitori al mondo. Inoltre, secondo Reuter, il Fondo Sovrano Norvegese possiede l’1,5% di tutte le azioni quotate del pianeta. E tutto grazie alla fortuita scoperta di petrolio nel Mare del Nord nel 1969, che lo ha reso il più grande esportatore di greggio d’Europa.

Come la Norvegia ha trasformato le risorse in ricchezza per tutti

L’incontro con l’oro nero è stato il grande fattore scatenante che, grazie ai suoi profitti da esportazione, la Norvegia abbia visto crescere la sua fortuna e sia ora considerata una delle nazioni più ricche del mondo, con condizioni di vita riconosciute in tutto il mondo che corrispondono anche a una significativa evoluzione del benessere sociale dei suoi oltre 5,5 milioni di abitanti in settori quali l’istruzione pubblica, la sanità universale e le politiche di uguaglianza e ridistribuzione della ricchezza.

Tuttavia, più di 200 anni fa, quando ottenne l’indipendenza dalla Danimarca, la Norvegia non era altro che un paese rurale dedito all’agricoltura e alla pesca, sempre in ritardo rispetto alla più avanzata Svezia e alla stessa Danimarca. E anche se oggi continua a essere leader nel mercato mondiale del salmone, con una quota superiore al 43%, lo è anche nel settore petrolifero, essendo il paese del continente con le maggiori riserve.

Ma, a differenza di altri paesi che hanno sperperato le loro risorse naturali, la Norvegia ha dimostrato il potere di un’economia diversificata attraverso un fondo sovrano e uno stato sociale invidiato da tutto il mondo. È così che ogni barile estratto dal Mare del Nord non solo arricchisce le casse nazionali, ma finisce per finanziare fondi di investimento della Silicon Valley che restituiscono profitti per finanziare scuole, ospedali, strade…

95 miliardi di euro in esportazioni di greggio

Alla fine degli anni Sessanta, la scoperta di petrolio nel giacimento di Ekofisk nel Mare del Nord, in una zona che prima apparteneva al Regno Unito e alla Danimarca, ha cambiato il destino economico della Norvegia scandinava. Un’economia fino ad allora sostenuta dal 90% della popolazione dedita all’agricoltura e che cedette eroicamente al fascino del petrolio: evitò di lasciarsi trascinare dalla dipendenza economica che aveva attirato altri paesi, come ad esempio il Venezuela, e iniziò a reinvestire i profitti ottenuti.

È vero che, con la crisi petrolifera del 1973, l’industria petrolifera in Norvegia ha tardato a decollare, ma nel 1975 il settore aveva già generato migliaia di posti di lavoro, eliminando praticamente la disoccupazione nel paese. E non solo il settore aurifero: intorno ad esso è sorta un’intera rete di nuove aziende tecnologiche per la ricerca e l’esplorazione delle acque del Mare del Nord.

Cinquant’anni dopo, il valore delle esportazioni di petrolio greggio, condensato e gas naturale ha raggiunto nel 2024 i 95 miliardi di euro, pari a oltre il 60% delle esportazioni nazionali, secondo la società del settore Norsk Petroleum, che sono stati destinati a investimenti sostenibili e al miglioramento dello Stato sociale.

Government Pension Fund Global: il più grande fondo sovrano di ricchezza

Il successo del modello economico norvegese risiede fondamentalmente nella diversificazione dei profitti e nella loro gestione, molto diversa da quella di altri paesi petroliferi, come ad esempio il Venezuela e la Nigeria, che hanno subito la “maledizione del petrolio”. Situazioni che hanno portato entrambi i paesi alla bancarotta dopo anni di inflazione e corruzione, conseguenza diretta della dipendenza dal greggio.

La Norvegia, invece, applica da decenni una rigida regola fiscale che limita la spesa pubblica derivante dal petrolio a una percentuale destinata al Government Pension Fund Global (Statens Pensjonsfond in norvegese), il fondo sovrano del paese, fondato negli anni ’90 e utilizzato come veicolo di trasformazione: dai proventi del petrolio ad azioni, obbligazioni, investimenti immobiliari e una miriade di altri settori per diversificare.

È così che, con questo modello, la sua economia non è crollata ed è rimasta non solo stabile, ma in continua crescita, nonostante il continuo calo del prezzo del barile. Infatti, durante la pandemia di COVID-19, l’OCSE si è congratulata con il Paese scandinavo perché è stato uno dei pochi in Europa in quel momento a mantenere stabili la spesa sociale, risultato senza dubbio di una resilienza economica costruita strutturalmente in oltre 50 anni.

Da parte sua, il fondo sovrano norvegese è il più grande al mondo, con un valore, secondo Bloomberg, vicino ai 2.000 miliardi di dollari e un rendimento cumulativo di 1.800 miliardi di dollari, secondo la Norges Bank Investment Management. In questo modo, il fondo investe il 70% delle entrate in azioni, il 20% in titoli a reddito fisso e poco più del 7% in immobili non quotati.

È questa struttura che consente alla Norvegia di finanziare la sanità, l’istruzione e il sistema pensionistico senza dipendere direttamente dal prezzo del petrolio, garantendo il benessere sociale a lungo termine.

Presenza nella Silicon Valley

Grazie a questa strategia e gestione, il fondo sovrano norvegese possiede circa l’1,5% di tutte le azioni quotate del pianeta, secondo i dati di Reuters. Tra le sue partecipazioni più importanti figurano grandi aziende della Silicon Valley come Apple, Microsoft, Nvidia, Alphabet e Meta Platforms, con una forte presenza in tutti i loro consigli di amministrazione

. Infatti, questa presenza nelle grandi aziende tecnologiche del mondo è il simbolo di una trasformazione economica senza precedenti: il passaggio da un piccolo paese di pescatori del nord Europa a uno dei maggiori azionisti del pianeta.

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