Gli acceleratori di particelle sono diventati una delle strutture scientifiche più importanti della storia. Nella scienza pura, ci aiutano a comprendere i componenti fondamentali dell’universo facendo collidere le particelle per studiarne i risultati, ricreare le condizioni dell’universo primordiale ed esplorare la struttura della materia. Nelle applicazioni pratiche, sono fondamentali per la medicina (come la terapia contro il cancro e la sterilizzazione delle attrezzature mediche), l’industria (come l’irradiazione degli alimenti e la scienza dei materiali) e la tecnologia (come gli scanner di sicurezza e l’elettronica spaziale).
Un acceleratore di particelle… grande quanto un foglio A4

Il problema? Gli acceleratori sono solitamente enormi e molto costosi. Pensiamo, ad esempio, al Grande Collisore di Hadroni (LHC) del CERN, con i suoi 27 chilometri di tunnel magnetici. Cosa succederebbe se riuscissimo a ridurre le dimensioni (fisiche e onerose) degli acceleratori di migliaia o milioni di volte?
Uno studio recente propone un progetto rivoluzionario: un acceleratore di particelle così compatto da poter stare su un tavolo, in grado di generare raggi X molto intensi con un’architettura completamente diversa dagli acceleratori tradizionali.
Gli acceleratori di particelle convenzionali sono solitamente enormi. Ma il nuovo concetto utilizza strutture minuscole, nanotubi di carbonio, combinati con un laser polarizzato per creare campi elettrici molto potenti e accelerare gli elettroni al loro interno. La chiave sta nelle onde plasmoniche superficiali: il laser “ruota” all’interno del nanotubo e costringe gli elettroni a muoversi a spirale, producendo radiazioni X coerenti con un’intensità molto elevata, fino a cento volte superiore rispetto agli acceleratori convenzionali di dimensioni simili.
Una rivoluzione per la scienza: raggi X ultra-potenti a portata di laboratorio

Questo dispositivo “tascabile” potrebbe trasformare campi come la medicina, la scienza dei materiali e la biologia. Attualmente, i raggi X intensi si ottengono solo in laboratori giganteschi (sincrotrons o laser a elettroni liberi), ai quali molti ricercatori non hanno facile accesso.
Con un acceleratore compatto, ospedali o università potrebbero avere una propria fonte di raggi X potenti, che consentirebbe di ottenere immagini mediche più precise senza bisogno di agenti di contrasto, studiare proteine e farmaci direttamente nei laboratori di ricerca, accelerando lo sviluppo di nuovi trattamenti e analizzare materiali delicati e componenti semiconduttori senza danneggiarli, o persino effettuare test non distruttivi in situ.
Per ora, il progetto è stato dimostrato solo in simulazioni al computer, basate su strutture reali di nanotubi e laser già esistenti in laboratorio. Gli autori dello studio, tra cui Javier Resta-López dell’Università di Valencia, hanno dimostrato che è possibile generare campi di diversi teravolt per metro, molto più potenti di quelli che possono sopportare molti degli acceleratori attuali. Il prossimo passo sarà quello di convalidare questo concetto sperimentalmente, costruendo prototipi reali e dimostrando che funziona al di fuori dell’ambiente simulato.
A differenza dei tradizionali acceleratori compatti, questo nuovo concetto non intende competere con giganti come il Large Hadron Collider (LHC), i cui 27 chilometri di circonferenza lo collocano in un altro campionato. Il suo paragone logico è con i moderni sincrotroni, le macchine che oggi generano i fasci di elettroni utilizzati in fisica, chimica, medicina e scienza dei materiali. E questi sincrotrons sono enormi: l’ESRF francese misura 844 metri di perimetro, il Diamond Light Source britannico 561 metri, l’APS statunitense supera i 1.100 metri e il colosso giapponese SPring-8 raggiunge i 1.436 metri. Sono strutture grandi quanto due, tre o addirittura quattro campi da calcio completi. Di fronte a tale dispiegamento, un acceleratore in grado di offrire prestazioni comparabili su scala “da tavolo” rappresenterebbe una vera e propria rivoluzione scientifica e tecnologica.
Se questo acceleratore riuscisse a concretizzarsi, potrebbe democratizzare l‘accesso a sofisticate fonti di raggi X, finora limitate ai grandi centri. Ciò non solo accelererebbe la ricerca scientifica, ma potrebbe avvicinare le tecnologie all’avanguardia ai laboratori più piccoli, agli ospedali e alle università. Il grande sogno: portare gli strumenti della fisica di frontiera a molte più persone.
In definitiva, questo “acceleratore da tavolo” rappresenta un’idea audace e trasformativa: la stessa fisica che alimenta i collisori giganti potrebbe, in futuro, stare in un chip.
